Acireale – Ipnosi e immagini mentali per la riduzione dell’ansia e il potenziamento della prestazione agonistica
IPNOSI E IMMAGINI MENTALI PER LA RIDUZIONE DELL’ANSIA E IL POTENZIAMENTO DELLA PRESTAZIONE AGONISTICA
Il mio intento è richiamare l’attenzione sulle possibilità di utilizzare l’autoipnosi nello sport come metodo rapido di autocontrollo dell’ansia e dell‘azione.
Oggi l’ambiente è maturo per accettare senza riserve l’importanza dell’assistenza psicologica degli atleti, ma sappiamo anche che nel campo dello sport non basta penetrare negli sconvolgenti sentimenti d’insicurezza, inadeguatezza,
disadattamento, che ostacolano la capacità dell’atleta di sfruttare al massimo le proprie potenzialità.
Ci rendiamo conto che la più impellente necessità riguarda non l’intervento psicologico in se’ e per se’, ma la rapidità con cui esso può agire.
La rapidità di cui parlo dipende prevalentemente dalla presa di coscienza da parte dell’atleta , che, il suo più temuto avversario, l’ansia, può essere controllata. In poche parole: per prima cosa bisogna crederci, e non con un atto di fede, ma attraverso i fatti, cioè con il possesso di uno strumento che funzioni in maniera immediata ed evi dente, quando se ne presenti la necessità.
E ancora questo può non bastare; oltre la motivazione all’uso, è necessario conoscere a fondo lo strumento.
Ecco. perché non mi fermerò solo ad indicare il tipo di autoipnosi da me formulato che ho sperimentato come attivamente valido, ma passerò a descrivere i suoi correlati psicofisiologici, utilizzando i recenti studi di Pribram sulla relazione del cervello con il comportamento e con l’esperienza soggettiva, in una rotta intermedia tra il particolare professionale e l’interesse generale dell’atleta.
L’autoipnosi che voglio proporre è molto vicina alla tecnica chiamata “Training Mentale” del prof. Lari-Eric Unesthal, psicologo dello sport svedese, ma prende, fra l’altro, in maggior considerazione la funzione quasi magica delle immagini positive, quell’effetto Carpenter, presupposto teorico scientifico, basato sulla visualizzazione che sostiene l’esistenza di una sorta di parallelismo tra l’abilità di vedere mentalmente una certa azione motoria e la sua effettiva esecuzione.
Mi riferisco quindi al processo psicomotorio che Richard Bandler, creatore della neurolinguistica negli Stati Uniti; egli lega alla possibilità di «mettere le persone in grado di comprendere che le proprie immagini, voci, e sentimenti interiori, gli appartengono e possono essere manipolate nello stesso modo con cui girano con la mano la maniglia di casa».
Può essere provato che il pensare al movimento tramite un’immagine associata al movimento stesso , o una frase o una sensazione, suscita la tendenza a compierlo.
Il pendolo di Chreveul e’ un modo per sperimentare l’azione ideomotoria: il pendolo agisce da amplificatore del leggero movimento del braccio e della mano.
Il procedimento che io utilizzo con i pazienti con sintomi d’ansia, di tensione e di stress, o per alleviare il dolore , è basato su un rapporto di collaborazione innestato su un’attività che si svolge principalmente al di fuori dell’ora di terapia.
La preparazione a ciò parte dall’uso di un’ indizione ipnotica compilata parola per parola sotto forma di copione, della durata di poco meno di dieci minuti: la brevità è intenzionale e fa parte del carattere di base dell’autoipnosi .
Il soggetto dovrà disporre di un esercizio confezionato su misura adeguato al suo stile personale, che possa appartenergli nel vero senso della parola, anche se dovrà usarlo solo per qualche settimana.
Questo sarà infatti il tempo di allenamento, volto a consolidare e mettere a punto l’abilità auto ipnotica del soggetto. Contemporaneamente egli prenderà consapevolezza dell’effetto positivo, quasi immediato, determinato dal rilassamento dei maggiori gruppi muscolari, e dalla presenza di sensazioni legate a termini quali: confortevole, fluttuante, piacevole, incorporate nel copione. Tutto questo sarà vissuto come auto provocato, e costituirà la prima prova di capacità di autocontrollo.
Quanto detto riguarda la parte di approfondimento dell’induzione.
La seconda parte è satura di sequenze di immagini specifiche di prestazioni che possono appartenere alla realtà del soggetto, o possono essere fantasie dell’atleta, questo è ciò che in fondo spesso fa parte dei rituali preparatori di alcuni atleti e attori professionisti.
Così un’esperienza soggettiva problematica, diventa un’esperienza piacevolmente vissuta, su cui, in quel momento di così profondo rilassamento, sarà focalizzata tutta l’attenzione.
Giacche’ le immagini prodotte saranno sature di particolari relativi a ciascuna modalità sensoriale, cioè dettagli visivi, uditivi, tattili, gustativi olfattivi e termici, saranno maggiormente determinanti di vissuti di sicurezza, potenza, capacità, nettamente opposti alle matrici dell’ansia.
A questo vissuto sarà legata una “frase chiave” che riassume tutti gli aspetti positivi dell’esperienza ipnotica, e che prima è stata decisa insieme al soggetto con una procedura che il tempo a mia disposizione non mi permette di dettagliare.
E’ questo l’elemento fondamentale dell’autoipnosi per l’atleta. Essa sarà fuga , contrario, rimedio del suo problema.
La frase chiave resterà collegata alle sensazioni positive, e diventerà l’ancora da gettare per recuperale quelle sensazioni nei momenti in cui se ne presenterà la necessità. Ripetuta sottovoce o mentalmente sarà lo stimolo condizionato alle piacevoli esperienze vissute nell’ipnosi, che nella realtà, grazie all’abbassamento del livello dell’ansia che si è verificato, aiuteranno a produrre la prestazione di cui è capace l’atleta.
Tutto questo è stato sperimentato da me con risultati sorprendentemente positivi.
Richard Bandler dice, che deve essere usato solo ciò che funziona, non ha importanza perché’ e come funzioni, ma io ritengo che la conoscenza di come una cosa agisce la renda più preziosa, nel nostro caso sarà anche più credibile, quindi più motivante all’uso.
Nell’ipnosi noi pensiamo in uno stato di totale concentrazione e rilassamento, producendo immagini che guardiamo con l’occhio della mente.
Cerchiamo di capire cosa avviene dal punto neurologico quando il nostro cervello pensa con immagini.
Sappiamo che l’informazione si trasmette attraverso i neuroni, cellule specializzate, che si attivano o disattivano in sequenza, per effetto di stimoli provenienti dall’ambiente esterno e dall’ ambiente interno.
Dalle configurazioni di energia che eccitano alcuni dei nostri recettori siamo in grado di costruire un “mondo esterno” comprensibilmente in termini di processi neurali dai quali è generata la proiezione “là fuori.
Quando entra in funzione un altro gruppo di recettori posti in profondità nel cervello, aggregati neuronali con molteplici connessioni che azionano meccanismi per certi aspetti diversi, e per altri aspetti simili a quelli che danno origine alle immagini percettive, noi costruiamo un “mondo interno”, un mondo di sentimenti soggettivi, che in contrasto con le percezioni sono fenomeni, quasi fantasmi che noi «immediatamente attribuiamo a ciò che si trova entro il confine, entro l’involucro chiamato pelle, che demarca il Noi dall ‘Altro». Quando noi ci sentiamo affamati, assonnati, assonnati, sessualmente eccitati, felici o tristi, contemplativi o battaglieri, siamo in presenza di sentimenti che controllano il nostro mondo interno.
La comunicazione tra mondo esterno e interno deve essere intesa come risultato dell’intervento di ciò che è conscio e inconscio, cioè delle cose di cui siamo consapevoli e quelle che sono state registrate dentro di noi a nostra insaputa.
Il buon risultato dell’ipnosi è determinato proprio dalla sua peculiarità di lasciare libera comunicazione con la nostra parte “inconsapevole”, che ascolta per poi stimolare le giuste azioni.
Dal punto di vista classico, il funzionamento di questo sistema e stato concepito e spiegato come un dispositivo diretto in input-output di stimolo-risposta, espresso neurologicamente come arco riflesso.
Ma oggi è necessario modificare questa concezione quando si prende in considerazione l’onnipresenza dei meccanismi di feedback e di feedforward, come ad esempio il meccanismo di controllo del funzionamento ei recettori da parte del sistema nervoso centrale, cioè la presenza dei meccanismi che funzionano mediante le informazioni di ritorno, e mediante l’anticipazione delle stesse informazioni.
Per quanto riguarda la formazione d’immagini, l’organizzazione interessata non può essere considerata semplicemente un mosaico di punti generati in corrispondenza del recettore e propagati senza cambiamenti alla corteccia per formare un’immagine di tipo fotografico.
Nasce oggi la certezza che i sistemi di imput siano organizzati in modo che i segnali neuronali vengano coordinati con un processo di “formazione d’immagine” psicologico.
Pribram ritiene che la proprietà di formazione delle immagini mentali sia simile a quella dei sistemi di elaborazione delle informazioni ottiche, cioè sia simile alle proprietà degli ologrammi.
L’ipotesi olografica arricchisce la psicologia fornendo un meccanismo plausibile di comprensione dell’esperienza fenomenica; ci consente di prendere in considerazione le componenti di funzioni psicologiche che, in un quadro di riferimento limitato come quello del comportamento, apparirebbero come una massa informe.
Il riconoscimento di pattern è un processo complesso in cui l’analisi delle caratteristiche distintive e la formazione di una rappresentazione centrale dell’input, non sono che dei passaggi.
Nell’uomo, dato l’ologramma neurale, questi passaggi conducono alla costruzione di Immagini specificamente individuali.
Purtroppo non posso fermarmi sul particolare rapporto esistente tra queste costruzioni olografiche e il comportamento motorio.
Sarebbe interessante parlare di come la corteccia motoria sia implicata nella trasformazione del movimento in azione, ma il tempo mi permette solo di sottolineare i risultati di studi che prospettano l’ipotesi che nella corteccia motoria avvenga una sorta di formazione d’immagine, che è una momentanea immagine della realizzazione; essa regola il comportamento più o meno come avviene nel caso della regolazione prodotta da un termostato.
Qui bisognerebbe parlare della funzione delle circostanze e metterle in relazione con le competenze innate dell’organismo e con le loro modificazioni attraverso l’esperienza precedente, quindi entreremmo nell’affascinante mondo della memoria e parleremmo della teoria delle mappe cerebrali di Hedelman. Ma dobbiamo avviarci ad una rapida conclusione.
Le circostanze ambientali sono immagini, voci, sensazioni, che possiamo ri-vedere, ri-udire, ri-sentire emotivamente ad occhi chiusi, attingendo alla memoria a breve e a lungo termine e alla creatività.
Ciò produce la stimolazione di quel gruppo di recettori posto in profondità del cervello che generano il nostro mondo interno, il mondo dei sentimenti soggettivi, dei sentimenti di fame, sete, di amore di piacere, di disagio e di agitazione che agiscono da “monitor” del nostro mondo interno.
La comunicazione tra mondo esterno e interno deve essere intesa come risultato dell’intervento di ciò che è conscio e inconscio, cioè delle cose di cui siamo consapevoli e quelle che sono state registrate dentro di noi a nostra insaputa.
Il buon risultato dell’ipnosi è determinato proprio dalla sua peculiarità di lasciare libera comunicazione con la nostra parte “inconsapevole”, che ascolta per poi stimolare le giuste azioni.
L’autoipnosi dopo aver prodotto un apprendimento di capacità di controllo psichico, servendosi di ancore condizionanti, abbasserà istantaneamente il livello dell’ansia, la renderà gestibile, e permetterà all’atleta un uso ottimale delle sue potenzialità.
Provare per credere